Il Vangelo con
gli occhi di Santa Teresa


E' soprattutto il Vangelo che mi intrattiene durante le orazioni,
in esso trovo tutto ciò che è necessario alla mia povera piccola anima.
Vi scopro sempre nuove luci, significati nascosti e misteriosi.


PASQUA
DI RESURREZIONE

Gv 20,1-2;11-18

Santa Pasqua a ciascuno di voi!

Tu, Signore, hai vinto la morte per noi!

Il Tempo della Quaresima è compiuto. Ci prepariamo a vivere pienamente la grazia della Pasqua. Il Figlio di Dio risorge dalla morte: Egli ha vinto la morte per noi! Attraverso il Vangelo, il Signore ci invita a lasciarci coinvolgere dalla gioia dei discepoli e delle donne che, andando al sepolcro, scoprono che Gesù è risorto: Egli è vivo! Durante le ore della Sua Passione, essi hanno visto il Figlio di Dio soffrire le terribili e atroci torture che gli erano state inflitte. L’hanno visto cadere sotto il peso della croce, umiliato, piagato, sfinito, apparentemente sconfitto. Il loro Maestro è morto. Per loro, ogni speranza è stata sepolta con Lui.

Tuttavia, accade qualcosa di inaudito. Dio Padre lo resuscita! Tra i discepoli di Gesù, Maria Maddalena è la prima alla quale Gesù appare di nuovo vivo! Da quel momento in poi la storia dei discepoli e la nostra, la storia stessa del mondo cambia. La buona notizia del Vangelo si compie e comincia a diffondersi! La Scrittura si realizza, come Gesù aveva annunciato! Attraverso il Suo sacrificio sulla croce, la Sua morte e la Sua resurrezione, Gesù ha salvato tutta l’umanità.

Ma in che modo ci lasciamo scuotere dalla resurrezione di Cristo? Ogni anno facciamo memoria degli stessi eventi attraverso la liturgia e viviamo dei percorsi spirituali per tutto il tempo della Quaresima, da soli o nelle nostre parrocchie. Eppure, ogni anno è diverso e anche se viviamo la stessa Pasqua, o l’unico sacrificio di Cristo, il Signore ci trasforma ogni volta in modo nuovo. Abbiamo l’opportunità e la grazia di lasciarci toccare interiormente dal Risorto in un modo sempre nuovo. Egli desidera incontrare ciascuno di noi in modo personale e intimo, come ha fatto con Maria Maddalena e con ciascuno degli altri discepoli. Egli vuole generare in noi una vita nuova in Lui e con Lui, nella quale tutte le nostre fatiche, sofferenze, umiliazioni, preoccupazioni possono trovare un vero senso.

Contemplando la scena che si verifica il mattino di Pasqua, al sepolcro, raccontata nel Vangelo di Giovanni, Santa Teresa paragona se stessa a Maria Maddalena. Ella si identifica con questa discepola condividendone lo suo stesso atteggiamento nel cercare Gesù, nei diversi momenti della sua vita.
Santa Teresa interpreta, nella preghiera, i sentimenti del cuore di Maria Maddalena. Entrambe desiderano un amore che non delude mai, ma che è pronto a dare la vita per l’amato. Solo l’amore di Dio può colmare la loro attesa!

In questa solennità della Resurrezione di Cristo, ciascuno di noi si senta chiamato per nome come Gesù ha fatto con santa Maria Maddalena e santa Teresa. Nel cuore delle nostre sofferenze fisiche e spirituali, nei momenti in cui viviamo delle crisi, dei dubbi riguardo alla nostra fede, quando dobbiamo portare la nostra croce, ciascuno di noi si ricordi quello che Gesù ha sopportato per amore nostro e si senta amato e amata personalmente da Lui. Tutto quello che viviamo non è niente davanti alla vita eterna che il Signore ha preparato per noi.

Camminiamo con lo sguardo fisso su Gesù, con la certezza che l’amore del Signore abita nei nostri cuori e che non saremo mai vinti in nessun combattimento, perché il Signore stesso li vincerà in noi. Egli ci permetterà, già su questa terra, di fare esperienza di una vita da risorti in Lui. Questa Santa Pasqua ravvivi in noi la luce della fede, rafforzi la speranza e faccia fiorire nei nostri cuori la carità. A noi che per primi abbiamo sperimentato la grazia del perdono e della misericordia, il Signore doni la grazia di essere annunciatori autentici del Suo amore per i nostri fratelli e sorelle. Santa Pasqua a ciascuno di voi!

"Al sepolcro santo, Maria Maddalena si sporse in lacrime cercando il suo Gesù. Gli angeli volevano lenire la sua pena ma nulla poteva alleviare il suo dolore. Non eravate voi, luminosi arcangeli, che quell'anima ardente cercava.
Ella voleva il Signore degli angeli, prenderlo tra le braccia
e portarlo via ... Presso la tomba era rimasta ultima,
ed era poi giunta avanti l'alba. Venne anche il Suo Dio, ma non luminoso (...) Prima Egli mostrò
il suo Volto Benedetto, poi dal Cuor gli uscì una parola sola:
sussurrando dolcemente "Maria",
Gesù le restituì la pace e la letizia piena".

Poesia 23, 1-2

DOMENICA DELLE PALME

Lc 22,14-23,56
È solo guardando Gesù che si è offerto per amore sulla Croce, che trovo la forza di portare le mie croci, ne ho consapevolezza?

Aiutaci, Signore, ad unire le nostre croci alla Tua Croce!

Entriamo nella Settimana Santa, che comincia con la Celebrazione della Domenica delle Palme. Ci disponiamo a seguire Gesù negli eventi della Sua Passione, della Sua morte e della Sua Resurrezione. Ci prepariamo interiormente ad offrire ed unire tutte le nostre piccole sofferenze e difficoltà e le grandi croci alla Sue sofferenze e alla Sua Croce. Lasciamo che Egli ci insegni come viverle fino in fondo con Lui e come trasformarle in occasioni di resurrezione e di vita nuova, per noi e per i nostri fratelli e sorelle.

Il racconto della Passione ci è familiare. Fin da bambini, infatti, siamo stati abituati a partecipare alla Via Crucis nelle nostre parrocchie e, forse, ci è capitato anche di interpretare qualche personaggio. C’è, tuttavia, un grosso rischio: quello di ripercorrere la Passione di Cristo semplicemente “dall’esterno”. Spesso noi facciamo delle opere per Dio invece di fare delle opere di Dio.

Le scene delle ultime ore della vita di Gesù sulla terra sono “forti”, drammatiche e di un’enorme atrocità. Anche se questi avvenimenti di toccano in un modo o nell’altro, essi possono restare distanti da noi e non coinvolgere la nostra vita. La passione di Cristo, in realtà è una rivelazione dell’amore di Dio per gli uomini, per ciascuno di noi, ma noi troppo spesso ce ne dimentichiamo e voltiamo lo sguardo verso altre “luci”.

Perché non ci sentiamo attratti dal Suo amore così grande? Non sembriamo per niente sconvolti dalla gratuità dell’offerta totale che Dio ha fatto di se stesso in Gesù per ogni uomo! Forse non ci siamo avvicinati abbastanza a Lui, soprattutto meditando su questi avvenimenti? Forse non abbiamo provato ad accostarci a Gesù mentre Egli vive il Suo combattimento interiore nell’orto degli ulivi? Non ci siamo uniti alla Sua preghiera al Padre, che è talmente intensa, da fargli sudare sangue!

Come dice Santa Teresa, è davvero “folle” Gesù, il Figlio di Dio, a venire a “cercare i poveri piccoli cuori dei mortali” per prendervi dimora. Era “folle” Gesù, il Figlio di Dio, “a venire sulla terra per cercare dei peccatori allo scopo di farne i suoi amici, i suoi intimi, i suoi simili”! Cosa ha guadagnato il Signore, offrendosi come vittima d’amore, dal momento che conosceva la nostra debolezza, la nostra fragilità e l’incapacità di corrispondere pienamente al Suo amore? Nulla!

L’amore non pensa a guadagnare qualcosa, pensa a dare, a donarsi, a perdersi, per amore dell’altro, a dimenticare se stesso! E anche se noi non siamo capaci di “fare le pazzie che Egli ha fatto per noi”, come afferma santa Teresa, il Signore guarderà e ricompenserà ogni nostra piccola goccia d’amore che avremo offerto, ogni atto di carità. È vero, le persone sono attratte e sedotte da altri “amori” che propone il "mondo". Sicuramente questi sono meno scomodi, ma ci appagano solo apparentemente. Noi, invece, in quanto cristiani, siamo continuamente interpellati dalla Croce del Signore Gesù Cristo.

Dobbiamo imparare a riconoscere che la nostra capacità di amare nasce e attinge forza soltanto da Colui che è la sorgente di ogni amore e prende vita alla croce. Solo se resteremo “innestati nell’albero della Croce”, permetteremo all’Amore di Dio di agire in noi. Quando saremo chiamati a fare sacrifici o delle buone azioni che ci sembrano impossibili, scopriremo di esserne capaci, non per mezzo delle capacità nostre, ma grazie all’amore Suo, che agisce in noi, ci purifica e ci trasforma ad immagine Sua. Partecipare veramente alla Passione e alla Croce del Signore Gesù vuol dire riconoscere in quell’Amore “folle” la sorgente del vero amore. Associato a questa sorgente, si unisce quello tanti nostri fratelli e sorelle che offrono quotidianamente la propria vita per gli altri, vivendo una miriade di croci tutte diverse. Da quegli “amori” offerti quotidianamente, vissuti in silenzio e, talvolta, nel nascondimento, impariamo che anche noi possiamo amare così, imparando qualcosa dell’amore stesso di Dio.


"Il solo crimine che fu rimproverato a Gesù da Erode fu quello di essere pazzo e io penso come lui! ... Sì, era pazzia cercare i poveri piccoli cuori dei mortali per farne i suoi troni (...) Era pazzo il nostro Diletto a venire sulla terra per cercare dei peccatori allo scopo di farne i suoi amici, i suoi intimi, i suoi simili (...) Non potremo mai fare per Lui le pazzie che Egli ha fatto per noi".
Lettera 169 a Celina

"Il mio amore vorrebbe colmare l'abisso che l'attira, ma ahimè, non è neanche una goccia di rugiada perduta nell'oceano".
Manoscritto A 35r


QUINTA DOMENICA
DI QUARESIMA

Gv 8,1-11
Cosa aspetti ad aprirti alla Vita Nuova che lo Spirito Santo vuole donarti?

Aiutaci, Signore, a custodire la Tua amicizia!

La liturgia della quinta domenica di Quaresima offre alla nostra meditazione l’episodio della donna sorpresa in situazione di adulterio e condotta dinanzi a Gesù per essere giudicata. Ci troviamo davanti ad una storia di “morte e resurrezione”. Possiamo parlare di morte fisica, perché la donna è stata realmente sul punto di morire per lapidazione. Possiamo parlare di morte spirituale, perché la situazione di peccato nella quale la donna viveva, la conduceva ad una morte spirituale.

Questa vita di peccato toglieva alla sua anima ogni possibilità di “respirare” della vita di Dio, rompendo la comunione con Lui. Consapevole delle sue azioni, l’adultera, della quale nel Vangelo non si dice nemmeno il nome, era sicura di essere destinata a morire, per aver disobbedito ad uno dei comandamenti della Legge mosaica.

Ad un certo punto, nel momento più drammatico, in questo scenario dove la morte sembra sul punto di trionfare, irrompe la verità e la vera vita! La vita di Dio raggiunge la donna peccatrice, grazie allo sguardo d’amore e di misericordia di Gesù. Incrociando gli occhi del Figlio di Dio fatto uomo, la donna comprende di essere ormai libera e viva, amata dall’eternità dal suo Signore; ella sperimenta l’amore di Dio, che la accoglie così com’è, con tutto il suo carico di peccati. Dio la perdona e le offre un nuovo inizio, una vita nuova, una rinascita, una resurrezione.

Quando proviamo il dolore sincero per aver offeso Dio, commettendo un peccato, che sia grave oppure no, allora Egli ci raggiunge e ci tocca, donandoci il Suo perdono e la Sua misericordia, e passiamo anche noi “dalla morte alla Vita”. Non occorre che commettiamo dei peccati per “toccare” la misericordia di Dio, per commuovere il cuore del nostro Padre celeste.

Non conta la gravità dei peccati o la loro quantità, ma conta il poter vivere la profonda esperienza della misericordia. È quello che è accaduto a Santa Teresa, grazie ad un episodio apparentemente banale, accadutole negli ultimi mesi della sua vita nel suo convento. Nel vivere un’esperienza spirituale e umana con una consorella, ella è riuscita a mettersi nei panni della donna adultera del Vangelo, pur non avendo commesso dei gravi peccati. Santa Teresa ha provato una grande gioia quando, davanti ad un suo atteggiamento di impazienza verso una consorella, invece di essere rimproverata o biasimata, ha sperimentato la tenerezza della propria priora (che aveva assistito alla scena) e la comprensione della sua consorella. La nostra Amica carmelitana è cosciente di aver sbagliato, se ne pente e pensa di meritare almeno un rimprovero o una correzione fraterna.

Eppure, questa frase di Gesù continua a risuonare nel suo cuore: “Qualcuno ti ha condannata? …”. La risposta è chiara … non c’è alcuna condanna … E così, sentendosi compresa e perdonata, santa Teresa versa lacrime di riconoscenza e si sente pacificata interiormente. Quando il nostro cuore ci accusa e percepiamo mille voci di condanna dentro di noi, allora è importante compiere un atto di fede, credere nell’amore di Dio per noi e rivolgerci, con il cuore pieno di pentimento, a Colui che può perdonare tutto. Se lo desideriamo veramente, ogni volta che il nostro peccato ci getterà a terra, il Signore ci donerà la grazia di incrociare il Suo sguardo misericordioso, di incontrare Lui che è il Dio d’amore, affinché, come è accaduto alla donna adultera, anche noi possiamo gioire della grazia di avere un cuore liberato dalla potenza dell’amore di Dio e siamo pronti per ricominciare, ancora una volta, una Vita nuova.

"Mi chiedevo cosa pensasse Gesù di me. Subito mi sono ricordata di quelle parole che un giorno rivolse alla donna adultera: "Qualcuno ti ha condannata? ...". E io, con le lacrime agli occhi, ho risposto: "Nessuno, Signore! (...) E sento proprio che posso andare in pace, perché neppure voi mi condannerete!".
Lettera 230 a Madre Agnese

QUARTA DOMENICA
DI QUARESIMA

Lc 15, 1-3. 11-32
Oggi voglio scegliere di lasciare che Dio mi accolga e mi doni il Suo perdono, attraverso il sacramento della Confessione!

Aiutaci, Signore, a credere nel Tuo perdono!

La liturgia di questa quarta domenica di Quaresima ci invita a “gustare e vedere” la bontà e la misericordia del Signore. Gesù desidera che facciamo esperienza della gioia del Padre, che è misericordioso, che accoglie il figlio prodigo e fa festa con lui. Conosciamo bene la parabola del padre misericordioso, narrata nel Vangelo di Luca: prendiamoci il tempo di ascoltarla attentamente oggi, come se fosse indirizzata a ciascuno di noi.

Chi si nasconde dietro il personaggio del figlio ribelle? Questo figlio rappresenta noi, soprattutto nella nostra ricerca di libertà e autonomia, di poter disporre della nostra vita come vogliamo. Abbiamo la pretesa di poter bastare a noi stessi, separandoci volontariamente dal legame con Dio, che è nostro Padre. Spesso ci capita di credere che abbiamo fatto le scelte giuste. Ci siamo sentiti sicuri di camminare per la strada giusta, e invece ci siamo ritrovati sui percorsi del peccato che, dietro l’apparenza di false promesse di felicità, non ci ha riservato altro che ferite, delusioni, scoraggiamenti, angosce, morte spirituale …

In certe occasioni abbiamo voluto credere all’illusione di poterci procurare la felicità da soli, senza aver bisogno di Dio e della Sua Grazia. Come è accaduto al figlio minore di cui parla la parabola, siamo rimasti “ciechi”. Non abbiamo compreso che “nella casa di Dio Padre” avevamo tutto quello che cercavamo inutilmente fuori e non ci mancava assolutamente nulla. Alla fine, grazie a Dio e al Suo amore provvidente, abbiamo sentito in noi una profonda nostalgia di quella “casa” così accogliente, che non è altro che il cuore stesso di Dio, e ci siamo “messi in cammino” per tornare a Lui. Allora, ci ha colti un immenso stupore, quando abbiamo capito che Egli aspettava da sempre il nostro ritorno e che Egli stesso ci veniva incontro con una gioia immensa.

Se abbiamo avuto la possibilità e la grazia di sperimentare il dono della misericordia infinita di Dio Padre, attraverso il sacramento della Riconciliazione, allora, ricordiamo certamente anche la gioia intima che il perdono di Dio ci dona! Altre volte, come è capitato a Santa Teresa, abbiamo avuto la grazia di comprendere la misericordia di Dio per mezzo di tutto quello che Egli ha operato nella nostra vita, a prescindere dalle situazioni nelle quali siamo stati vittime del peccato. La fiducia nell’amore di Dio deve essere tanto grande da non farci temere nulla. Essa deve essere tale da riempirci del desiderio di essere abbracciati dall’Amore di Dio, pure se avessimo commesso dei gravi peccati. Noi siamo veramente dei peccatori, ma peccatori perdonati, se lasciamo che Dio venga a visitare e curare le nostre ferite.

Se consideriamo la parabola raccontata da Gesù, possiamo identificarci anche con il figlio maggiore. Spesso ci riteniamo giusti, ci erigiamo a giudici degli altri, ma non ci rendiamo conto che, vivendo nel nostro apparente perfezionismo, ci stiamo perdendo il meglio della nostra relazione con Dio! Il Padre condivide tutti i suoi beni con noi, non abbiamo niente da invidiare ad altri, né da reclamare. Egli è giusto e buono e dona secondo i bisogni di ciascuno. Dio desidera da noi che viviamo veramente da figli liberi e amati e non da schiavi. Egli vuole che lo amiamo con tutto il nostro cuore, che amiamo noi stessi e i nostri fratelli nella verità e proviamo gioia per tutto ciò che di bello e di grande vivono gli altri.

Santa Teresa, mettendosi al posto del figlio maggiore, era decisa a non voler reclamare per sé alcuna festa. Ella non sentiva il bisogno che Dio le provasse il Suo amore di Padre: Teresa era consapevole che, in Gesù, ella aveva ricevuto il Bene più prezioso del Padre e, di conseguenza, Ella non sentiva il bisogno di nient’altro, perché la sua gioia era piena! Chiediamo al Signore la grazia di saper riconoscere che in Lui abbiamo tutto e non ci manca nulla! 

"Si, lo sento, anche se avessi sulla coscienza tutti i peccati
che si possono commettere, andrei, con il cuore spezzato dal pentimento, a gettarmi tra le braccia di Gesù, perché so quanto ami il figlio prodigo che ritorna a Lui"

Manoscritto C 36v

"Lei (Teresa) non è il figlio prodigo e non è perciò il caso che Gesù le faccia preparare un banchetto, poiché lei è sempre con Lui".
Lettera 142 a Celina


TERZA DOMENICA
DI QUARESIMA

Lc 13, 1-9
Quali sono i buoni frutti che il Signore attende da me, con l'aiuto della Sua grazia?

Aiutaci, Signore, a portare i frutti migliori!

Il Vangelo, in questa terza domenica di Quaresima, ci offre delle immagini forti e apparentemente difficili da comprendere nel loro vero significato. Due eventi drammatici e cruenti offrono a Gesù l’occasione per un’esortazione forte e decisa ai suoi interlocutori: “Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”. Il messaggio fondamentale, che sta a cuore a Gesù e che Egli rivolge a ciascuno di noi è, dunque, quello dell’urgenza della conversione. L’immagine del fico sterile ci permette di comprenderne bene il senso.

Questo albero sembra “vivo” ma, dal momento che non ha frutti, esso è, in un certo senso, “già morto”.
Gesù si sofferma principalmente sull’ostinazione del vignaiolo, che vuole ancora tentare di tutto, pur di dare un’ultima occasione al fico. Quella “divina ostinazione” ci rivela l’amore mai stanco del Signore che, come afferma Santa Teresa, si serve del bene e del male che trova in ciascuno di noi per trasformare la nostra anima e per convertire il nostro cuore. È questo il punto centrale del processo di conversione: la decisione di aprire il nostro cuore al Signore, perché Egli entri e lo converta!

Questo non è opera nostra, perché non ne siamo capaci con le nostre sole forze. Occorre l’intervento della Grazia di Dio che, mentre ci concede tempo per aprire il nostro cuore a Lui, non smette mai di sollecitare ed incoraggiare la nostra risposta. Perché dobbiamo convertirci?

Perché, altrimenti, rischiamo di morire spiritualmente, giorno dopo giorno, portando avanti un’esistenza infruttuosa, senza amare veramente. Il Vignaiolo si adopera con attenzione e cura e con un amore pieno di sollecitudine. Egli conosce i frutti deliziosi, che la nostra vita può portare. Cosa aspettiamo a rivolgere lo sguardo verso il Signore per riconoscere che solo Lui può permetterci di vivere pienamente, facendoci dono della Sua Vita?

Il Padre desidera vederci portare frutti in abbondanza. Sono i frutti che devono dare pienezza alle nostre vite e che serviranno a rallegrare, consolare, saziare il cuore di tutti coloro che se ne nutriranno. Essi sono quei frutti che nascono naturalmente, quando lasciamo scorrere in noi la vita di Dio, così come l’albero fa con la linfa.

La nostra esistenza cambia radicalmente, quando decidiamo di lasciarci toccare e convertire dal Signore, smettendo di portare avanti una vita sterile, chiusa e ripiegata su noi stessi e sui nostri errori. Man mano che lo Spirito Santo agisce in noi, ci sentiamo rigenerare interiormente e cominciamo a vedere i primi germogli, poi le gemme, poi i frutti. Ciascuno di noi è pensato dal Padre per portare quei buoni frutti, che nessun altro può portare al nostro posto.

Non dobbiamo venir meno a questa missione che ci è stata affidata. Tale fecondità spirituale si realizza solo a partire dall’unione intima con il Signore. Questa unione è essenziale, altrimenti non potremo accedere alla Sorgente, cui attingere la vera vita e una grande fecondità spirituale. Rivolgiamo spesso la nostra invocazione a Lui. Facciamo nostro il desiderio di Santa Teresa, che voleva essere unita a Gesù come il tralcio alla vite: tienici uniti a Te, Signore, e porteremo il frutto che tu attendi da noi!


"L'Amore, ne ho l'esperienza, sa approfittare (che potenza!) del bene e del male che trova in me.
Egli trasforma la mia anima in sé".
Poesia 30,3

"Degnati di unirmi a te, Vigna Santa e Sacra, ed il mio fragile tralcio ti darà il suo frutto, e potrò offrirti un grappolo dorato, Signore, già da quest'oggi"
Poesia 5,9


SECONDA DOMENICA
DI QUARESIMA

Lc 9,28-36
Affidandomi all'aiuto del Signore,
riesco a guardare in modo nuovo
le realtà della mia vita quotidiana?

Insegnaci, Signore, a trasfigurare la nostra vita!

L’evento della Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor, raccontato nel Vangelo di San Luca, illumina le prime tappe del nostro cammino quaresimale. La liturgia della quaresima ci aiuta a percorrere questo cammino. Ci dirigiamo insieme a Gesù verso il mistero Pasquale, che culmina nell’esperienza del Risorto.

Oggi, l’evangelista Luca ci invita ad entrare nel profondo mistero della divinità di Gesù e della comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, nel cuore della SS Trinità. Davanti al fenomeno soprannaturale che si realizza sotto i loro occhi, stupiti e pieni di meraviglia, Pietro, Giovanni e Giacomo, scoprono uno “squarcio di eternità”. Il volto di Gesù e tutta la sua Persona diventano risplendenti di luce divina. La preghiera di Gesù con il Padre è talmente intensa e profonda, che svela la Sua identità di Figlio di Dio.

Meditando sulla preghiera di Gesù, comprendiamo che la Sua unione con il Padre è essenziale per Lui.
È a partire da questo legame che Egli vive la sua missione di salvezza per gli uomini. Nella scena, ascoltiamo la voce del Padre, che giunge come una rivelazione: Gesù è Dio, Egli è il Figlio eletto, l’Unigenito; Egli è la Parola vivente di Dio, è Lui che i discepoli devono ascoltare. Il segreto del “vivere d’amore”, di cui parla Santa Teresa, è “nascosto” in questa relazione che le tre Persone divine vivono nel cuore della SS. Trinità.

Il Figlio trasfigurato diventa per noi il modello dell’Amore supremo. Quest’Amore è visibile soprattutto quando lo incontriamo nel Volto sfigurato del Cristo Crocifisso. Scegliere di amare veramente significa entrare nella logica dell’amore trinitario. L’esperienza del Tabor ci fa percepire quanto la vita intima di Dio sia carica di mistero e, allo stesso tempo, essa si riveli a ciascuno di noi. Ci sorprende la gratuità e la “follia” dell’amore divino: Gesù, incarnandosi, rinuncia alla “perfezione della vita” divina, pur di ridonare a noi uomini quella comunione originaria con Dio, che abbiamo perso a causa del peccato originale.

L’esperienza del Tabor ci rivela che le “missioni” che il Signore ci ha affidato, e che ciascuno di noi deve compiere nel proprio quotidiano, hanno senso soltanto se sono unite alla missione di Gesù e sono aiutate dalla Sua grazia. Non possiamo “rimanere sulla vetta Tabor”, come ci dice anche Santa Teresa, ma, piuttosto, dobbiamo scendere “a valle”, per compiere la nostra “missione” di testimoni.

Dobbiamo far sì che la memoria delle “esperienze di trasfigurazione”, che abbiamo vissuto, resti viva in noi, per imparare, a nostra volta, a trasfigurare ogni aspetto concreto delle nostre vite e lasciare che Gesù viva e agisca in noi. Coltiviamo l’esperienza intima che il Maestro desidera vivere con noi.

Ascoltiamolo mentre ci parla per mezzo della Sua Parola, scrutandola quotidianamente, attraverso i testi che ci offre la liturgia. Contempliamolo mentre annuncia il Regno di Dio, libera le persone dai loro mali, le guarisce, le accoglie. Sentiamoci vicini a Lui e partecipiamo alla Sua missione di salvezza.

Accostiamoci ai sacramenti, soprattutto il sacramento del perdono e nutriamoci dell’Eucarestia, affinché il Signore ci trasformi interiormente sempre di più a Sua immagine: ci faccia diventare quello che siamo chiamati ad essere: suoi figli amati. Attraverso l’ unione con Gesù, anche noi impareremo ad avere quello sguardo trasfigurato, pieno di fiducia, speranza e amore, che dovremo poi portare nel cuore, per poter attraversare le nostre croci ed aiutare gli altri ad attraversare le loro.



"Vivere d'Amore non è mai sulla terra piantare la propria tenda in vetta al Tabor. Con Gesù è salire il Calvario,
è vedere la Croce come un tesoro!...
In Cielo devo vivere nella gioia, allora la prova
sarà esclusa per sempre. Ma finché sono esiliata
voglio nella sofferenza Vivere d'Amore".

Preghiera 17,4

PRIMA DOMENICA
DI QUARESIMA

Lc 4, 1-13
Con quali "armi" mi preparo ad affrontare e vincere le tentazioni?

Insegnaci, Signore, a vincere con l'Amore!

Attraverso la Quaresima, entriamo nel vivo del combattimento spirituale, fissando gli occhi su Gesù che, pur essendo Dio, ha voluto vivere questo combattimento per noi, prima di noi e, oggi, continua a viverlo con noi. Il Vangelo ci invita a concentrare tutta la nostra attenzione sul Figlio di Dio, che si dirige nel deserto, subito dopo essere stato battezzato al Giordano. Lo Spirito Santo, la terza Persona della SS Trinità, è Lui che ha guidato Gesù nel deserto: è Lui che è pienamente all’opera nella persona del Cristo presente in pienezza nella persona del Cristo, lo guida nel compiere i passi decisivi della sua missione di salvezza.

Anche noi siamo guidati e ispirati dallo Spirito Santo. Egli ci aiuta a combattere seriamente le tentazioni del possesso, del dominio sugli altri, del voler essere ammirati da tutti, ecc … Nel “deserto”, in cui lo Spirito ci spinge per questi quaranta giorni, siamo chiamati a riconoscere che nessuna di queste cose può appagarci veramente.

Santa Teresa scrive una preghiera ardente a Dio, intitolata “Signore, Dio degli eserciti”. Ella sente la chiamata del Signore a combattere non sui campi di battaglia, ma nel segreto del nostro cuore. La lotta, infatti, deve essere tutta interiore e nascosta. L’unica arma che la nostra amica Carmelitana chiede al Signore è la “spada dell’Amore”. Anche Gesù vince il combattimento con il diavolo, mosso dall’amore di Dio, suo Padre, che è l’origine di quella Parola di Vita che mette a tacere l’avversario e combatte tutti i suoi attacchi. Quando altre voci e altre tentazioni vengono a turbare la serenità della nostra relazione con Dio e con gli altri, dobbiamo ricordare che il tentatore vuole minare proprio la nostra fiducia e il nostro abbandono nella fede.

Proprio in queste occasioni siamo chiamati a prendere esempio da Gesù e a chiedere il Suo aiuto. Questi momenti in cui ci sentiamo messi alla prova, ci permettono di riaffermare con forza il nostro amore per Dio, voltando le spalle alla tentazione. Il Signore sazia nostra “fame” o “sete” della vera felicità, ci dona la gioia di costruire, insieme a Lui e ai nostri fratelli e sorelle il Suo Regno di giustizia e di pace, si prende cura di noi, occupandosi anche dei nostri più piccoli desideri e necessità.

Il combattimento spirituale lo viviamo quotidianamente ma, in questi giorni di preparazione alla Pasqua, esso diventa necessario e più intenso, affinché ne usciamo trasformati interiormente, rinnovati dalla grazia. Non potremo celebrare pienamente la Pasqua di Cristo se, in questi quaranta giorni, non avremo compiuto, anche noi, un passaggio attraverso il “deserto” del nostro cuore, lì dove viviamo quotidianamente la lotta per restare fedeli al Signore. È importante che non ci lasciamo distrarre dai nostri bisogni, paure o desideri momentanei.

Occorre che teniamo fisso lo sguardo sull’essenziale, cioè Gesù Cristo. Come faceva santa Teresa, scegliamo Dio in ogni cosa, in ogni circostanza e scegliamo di usare, come unica arma, la "spada dell’Amore". Chissà, quante volte, ci verrà voglia di prendere altri tipi di “armi”: ma anche questa sarà una tentazione che dovremo affrontare! La Grazia, che ci accompagna in questo tempo liturgico, ci sarà di sostegno per mezzo della liturgia, che è ricca di segni, di esortazioni e di immagini forti tratte dalla Sacra Scrittura.

La preghiera si farà necessariamente più intensa e feconda. Le occasioni di prova più forti saranno quelle che richiederanno una carità più grande! Esse dovranno renderci felici, perché ci permetteranno di essere più vicini a Colui che ha donato la Sua vita per amore nostro.
I Sacramenti, soprattutto l’Eucarestia e la Confessione, permetteranno al Signore di venirci in aiuto immediatamente per rialzarci. Non tarderemo a sperimentare il Suo soccorso così prezioso in ogni prova che vivremo. D’altra parte, il Tempo di Quaresima è una metafora della nostra vita: è tempo di Grazia e di conversione, è carico della presenza costante e silenziosa di Dio, è proiettato verso la gioia della Pasqua Eterna.

Signore, Dio degli eserciti (...) armami per la lotta. Io brucio dal desiderio di combattere per la tua gloria; ma te ne supplico, fortifica il mio coraggio... O mio Amato, comprendo a quale combattimento mi destini: non è affatto sui campi di battaglia che lotterò... La mia spada non è che l'Amore: son essa caccerò lo straniero dal regno. Ti farò proclamare Re nelle anime che rifiutano di sottomettersi alla tua Divina Potenza ... Essere con te, essere in te, ecco il mio unico desiderio!".
Preghiera 17

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